Lo scritto di Pietro Citati su “La Repubblica” del 6 ottobre contro l’abbattimento del carcere austro-ungarico di Trento ha suscitato vivaci reazioni da parte del Presidente della Giunta provinciale, del Sindaco di Trento, del Segretario del PATT e di alcuni lettori dei quotidiani locali. Ad essere sinceri anche a noi di Italia Nostra non è piaciuto il taglio genericamente accusatorio, in quanto per fortuna, anche se molto migliorabili, gli organismi provinciali di tutela dei beni storico-artistici e monumentali in Trentino sono in generale attenti ed efficienti.
Ma nel caso in esame le accuse di Citati colpiscono in pieno l’obiettivo, in quanto Provincia e Comune intendono veramente distruggere un edificio monumentale ed una chiesa. Il valore del vecchio carcere ultimato nel 1881 è indubbio; è assai probabile che chi esprime giudizi negativi non sia mai entrato nel suo interno e nei suoi cortili. Esso fu progettato, insieme al Tribunale, da Karl Schaden (1843-1914), egregio architetto austriaco. Ovviamente essendo adibito a carcere non ha l’aspetto nobile e solenne della contigua Sede Giudiziaria; è stato circondato da un anonimo alto muro, che toglie la vista d’insieme e specialmente della facciata est, dove sono collocati l’ingresso di rappresentanza e la chiesa; è stato abbruttito da una disarmonica sopraelevazione nell’angolo sud – est; ma soprattutto è privo da molti decenni di qualsiasi intervento manutentivo.
Questo è ciò che si intravede dal piano strada esterno, ma una visita attenta nei cortili ed all’interno evidenzia tutto il valore, il fascino e la potente bellezza di questo fabbricato. Le fasi progettuali e costruttive sono tutte documentate nell’archivio storico del Comune di Trento ed il pregio, anche a distanza di circa 130 anni di scarsa manutenzione, è evidente a chiunque abbia un minimo di sensibilità e di conoscenza di architettura, di tecniche costruttive e di materiali. Si tratta di una costruzione di impianto molto potente, interamente costruita in pietra di Trento, con pianta a tridente, accostata sul lato est del Tribunale. Estesa su tre piani utili, più un piano interrato.
Percorrendo i lunghi corridoi e visitando vari vani che su questi si affacciano, si rimane impressionati dalla forza degli elementi murari e dalla maestria costruttiva: murature di grosso spessore, soffitti a volta, rinforzati da arconi, pavimenti in lastroni di pietra trentina, pilastroni in pietra. Notevole il corpo centrale sul quale si affacciano due ordini di celle su ciascun lato con ballatoi in pietra di grosso spessore sorretti da potenti mensole in pietra, ben illuminato da alcuni lucernari zenitali e da un ampio finestrone sul lato ovest. Perfino il piano interrato dimostra una notevole cura costruttiva e funzionale con pavimentazione centrale in pietra e laterali in selciato; illuminazione e areazione da lucernari e bocche di lupo. Dai disegni di archivio è desumibile che anche la carpenteria lignea sia di rilevante valore: infine al centro del lato est, estesa dal 1° al 2° piano, vi è un’ampia chiesa di stile eclettico, con alto soffitto voltato, illuminata da tre finestroni absidali e da un ampio lucernario zenitale, ricca di pregevoli elementi di arredo, tra cui una cantoria lignea.
Sotto la chiesa si trova un portico colonnato, in parte tamponato, che in origine costituiva l’ingresso principale per i visitatori. La chiesa – come scrisse Ottone Brentari nel 1891 nella sua Guida di Trento – fu benedetta nell’autunno del 1881 “al titolo del Buon Pastore”. Nella richiesta di benedizione, inviata il 22 ottobre 1881 dalla Presidenza dell’Imperial Regio Tribunale Circolare di Trento al Principe Vescovo Giovanni Giacomo Della Bona, si parla di una “decentissima cappella destinata per la celebrazione delle sacre funzioni cui dovranno assistere i detenuti”, eretta “in questo nuovo fabbricato ad uso delle carceri criminali” (documento conservato presso l’Archivio Diocesano Tridentino). Questi sono elementi oggettivi, a fronte dei giudizi contrari basati su un secco giudizio del 1993, steso da un funzionario dei Beni Culturali e convalidato dalla Commissione Beni Culturali, in assenza di qualsiasi indagine storico-archivistica, di analisi architettonica e rilievo e quindi in piena difformità da quanto prescritto dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (D.Lgs 42/2004), che impone nei procedimenti di verifica un’adeguata attività conoscitiva, qui inesistente.
Tesi inspiegabilmente e testardamente difesa dai massimi vertici provinciali e comunali e dall’arroganza e prepotenza del progettista. Essi affermano tra l’altro che i partecipanti al concorso del Polo Giudiziario avevano la possibilità di optare per la conservazione delle carceri. Al contrario, leggendo attentamente il bando di concorso, si rileva l’invito esplicito alla demolizione del carcere, provata anche dall’assenza del rilievo del fabbricato stesso. Anzi, a pagina 74, è inserita una planimetria per la localizzazione delle funzioni (vedi allegato) dove è cancellato il carcere e al suo posto è disegnato un rettangolo – con la scritta “nuova realizzazione” – nel quale si elencano i nuovi edifici da progettare. In effetti, la possibilità di riutilizzo dei pregevoli spazi è pienamente realistica, liberando le strutture principali dalle aggiunte, dalle tramezzature e dalle superfetazioni recenti.
Inoltre gli spazi disponibili ad est, oltre il carcere, sono assai estesi e quindi il mantenimento dell’edificio storico non pregiudica affatto la possibilità di realizzazione del nuovo polo giudiziario. Le murature sono talmente potenti da assicurare una stabilità climatica ottimale, anche in carenza di interventi artificiali di riscaldamento o di raffrescamento. Si tratta di spazi ben più godibili e sicuri rispetto a quelli previsti negli edifici vetrati, progettati alla moda, che rimarranno in situazione di difficile agibilità nei momenti di crisi energetica acuta, purtroppo a noi vicini. Ma se il Presidente Dellai, il Sindaco Pacher ed altri ritengono con sicurezza che l’edificio sia privo di valore storico ed architettonico, “una crosta”, abbiano il coraggio di sottoporre il loro parere al giudizio di una commissione di esperti, nella quale siano presenti tecnici della Provincia e del Comune, di Italia Nostra e del Fai, il Soprintendente ai Beni Culturali della Provincia Autonoma di Bolzano, Helmut Stampfer, un rappresentante dei Beni Monumentali austriaco e un esperto nominato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Una commissione libera, tecnica, non politica.
Trento, 11 ottobre 2007
Per la sezione trentina di Italia Nostra
Il Presidente Paolo Mayr
Il Vicepresidente Salvatore Ferrari
Aggiornato il 10 marzo 2008