Olimpiadi invernali Milano-Cortina 2026

Villaggio olimpico

Moena 2 febbraio 2025 –

Olimpiadi invernali Milano Cortina 2026.

Un dossier di candidatura stracciato: spese inverosimili, sostenibilità pari a zero, legacy discutibile

di Luigi Casanova Presidente di Mountain Wilderness Italia –

Come possono valutare le associazioni ambientaliste le ricadute positive o negative di un grande evento internazionale come quello delle olimpiadi invernali? Nella valutazione Mountain Wilderness ha scelto di affidarsi agli obiettivi previsti nelle pagine del dossier di candidatura, 26 giugno 2019.

Semplici, condivisibili. Olimpiadi a costo zero, il 92% delle opere è esistente, sufficienti leggere ristrutturazioni, olimpiadi sostenibili, lotta allo spopolamento della montagna, legacy, investimento nella cultura.

Le Olimpiadi a costo zero: se si sommano alle spese per la gestione dell’enorme macchina organizzativa della Fondazione Milano Cortina 2026 alle opere in corso di definizione i costi dagli iniziali 1,35 miliardi sono lievitati i8n prossimità dei sei miliardi di euro. Nelle spese olimpiche sono state inserite infrastrutture che nulla hanno a che vedere con l’evento sportivo: opere stradali, ferroviarie, aeroporti, collegamenti sciistici. Il costo reale delle spese sostenute per l’evento olimpico sarà possibile non prima del 2028. Solo le opere sportive saranno ultimate nei tempi annunciati, meno di un terzo di quelle previste.

Le infrastrutture esistenti sono state in gran parte demolite. La pista di bob e slittino di Cortina ne è l’esempio più eclatante: (demolizione, rifacimento, assenza di un piano di gestione, costo passato dai 37 milioni di euro ai 128 attuali). Come è accaduto ai trampolini del salto a Predazzo, al centro del fondo a Tesero (Trentino), alle piste di biathlon a Anterselva (Alto Adige, da pochi milioni siamo oggi a 53 milioni), alle piste dello sci alpino come ai grandi palazzi che ospiteranno le competizioni su ghiaccio a Milano. Tutto nuovo dunque: le strutture esistenti un po’ ovunque sono state demolite.

La sostenibilità ambientale e sociale di un evento, per essere dichiarata tale, deve essere quantificata. Lo strumento principe indicato nel dossier di candidatura stava nella VAS (Valutazione ambientale strategica) come previsto da normative europee e dalla legge nazionale. Le strutture olimpiche e opere annesse non hanno sostenuto alcuna VAS nazionale, nemmeno parziali Valutazione d’impatto ambientale. Le opere sono state tutte commissariate. Si è fatto ricorso a incredibili deroghe, si è evitato ogni confronto con i territori e le popolazioni coinvolte. Tanto da arrivare ad appaltare opere su situazioni a grave rischio idrogeologico: non solo le tante tangenziali, ma anche collegamenti sciistici, parcheggi, villaggi olimpici. La sostenibilità è stata evitata per volere governativo e della Fondazione. Come del resto la trasparenza. Alle popolazioni le opere sono state imposte in assenza di un minimo processo partecipativo. Tanto da portare le otto associazioni ambientaliste nazionali il 14 settembre 2023 ad abbandonare il tavolo di confronto con la Fondazione Milano Cortina 2026.

Riguardo la lotta allo spopolamento della montagna l’obiettivo è stato ridicolizzato dai fatti. Nelle vallate più fragili (Valtellina come nel Cadore) l’abbandono continua. Anzi si è esteso alle zone a turismo maturo come Bormio, Livigno, Cortina, valle di Fiemme. Non si trovano lavoratori in quanto sottopagati, i giovani locali scappano perché i territori sono travolti dalla monocultura turistica che impedisce ogni altro sbocco occupazionale di alto profilo, gli affitti e l’acquisto delle abitazioni sono un miraggio causa i costi. Sono stati tagliati i servizi rivolti alla sanità pubblica, alla scolarizzazione, al trasporto pubblico, ai lavori a sostegno della cura delle montagne.

La legacy era un altro obiettivo forte dell’evento olimpico. Ogni opera doveva portare una ricaduta sociale positiva sui territori, non solo in ambito di sostegno allo sport. A oggi possiamo ritrovare spazi di legacy reale solo nel villaggio olimpico di Milano perché sarà trasformato in studentato, nelle piste del biathlon di Anterselva, sicuramente nel nuovo tratto di ferrovia della valle di Riga in Alto Adige. Tutte le altre strutture presentano legacy discutibili.

Nel dossier si cita ben 27 volte l’importanza di un investimento strategico nelle Olimpiadi culturali da affiancare all’evento sportivo, la conclusione del dossier è proprio dedicata a questo obiettivo. Ebbene, le Olimpiadi culturali per essere tali dovevano essere pianificate all’interno di percorsi partecipati. A oggi assistiamo a un sommarsi continuo di celebrazioni politiche e di sportivi a inaugurazioni di strutture, minimi convegni autocelebrativi, qualche gita delle scuole oppure come accade in Veneto con il sostegno dell’università Cà Foscari a un coinvolgimento dell’imprenditoria locale: camere di commercio, associazioni di categoria, il mondo della moda o della gastronomia. Certo l’investimento nelle olimpiadi culturali non fa parte degli obiettivi che dovrebbero sostenere l’azione della Fondazione Milano Cortina 2026.

Un osservatore esterno al mondo dello sport percepirà tale analisi come eccessivamente severa. Da sportivi della montagna non è stato piacevole proporre questa sommatoria di criticità. Anche noi siamo stati travolti dal tradimento che i dirigenti della Fondazione e il governo hanno imposto al dossier di candidatura. Con grande amarezza stiamo assistendo allo stravolgimento definitivo di ambienti naturali di alto pregio e di grande fragilità; a Livigno come a Bormio (nel parco nazionale dello Stelvio), a Cortina come in tutto il Cadore, in Alto Adige come nel Trentino. Un passaggio mortificante dello sport nazionale.

Lettera a Il Fatto quotidiano

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *