
Spett.le
Terza Commissione Permanente Provincia Autonoma di Trento
Trento, 25 marzo 2025
OGGETTO: Osservazioni delle Associazioni di Protezione Ambientale al DDL n. 53/XVII “Disciplina impianti a fune e piste di sci”
Dal punto di vista delle Associazioni di Protezione Ambientale, il disegno di legge n.53/XVII presenta alcuni elementi preoccupanti, soprattutto in termini di semplificazione procedurale e mancanza di criteri ambientali stringenti. È essenziale che la normativa preveda controlli rigorosi, trasparenza e partecipazione degli enti con diritti reali sulle aree in ogni fase del procedimento, dalla valutazione pre-autorizzativa al monitoraggio post-intervento, per evitare che lo sviluppo degli impianti a fune e delle piste da sci comprometta la qualità ambientale e paesaggistica dell’area alpina estromettendo la voce dei territori, compresa quella dei suoi elementi faunistici e floristici.
Art 1. Principi generali e finalità
La finalità, pur richiamando la strategia provinciale per lo sviluppo sostenibile, appare vaga e poco orientata a garantire una tutela ambientale concreta. Il territorio dei circa 13.000 ettari di aree sciabili (si tratta del 2.13% dell’intero Trentino) non può essere gestito con la sola guida dello sviluppo economico, soprattutto considerando che la vulnerabilità media rispetto agli impatti del cambiamento climatico del sistema sciistico trentino è stimata intorno al 40% [1].
In generale, quantomeno per coerenza proprio con lo SproSS i cui obiettivi si afferma di voler perseguire (pur contenendo quest’ultimo affermazioni molto vaghe), “lo sci da discesa permane solo nei territori particolarmente vocati ad esso [in riferimento al 2040] [2]” non può che essere intesa nella direzione di una progressiva riduzione delle piste da sci esistenti: un loro ulteriore aumento sarebbe infatti incoerente con numerosi obiettivi di compatibilità climatica, ambientale nonché conseguentemente con la necessaria resilienza sociale che ad oggi gli impianti sciistici non posseggono se non a fronte di ingenti sussidi pubblici.
Di conseguenza, una qualsiasi normativa tesa allo sviluppo del turismo invernale in contesti alpini dovrebbe essere vocata a far corrispondere le aree sciabili alle sole piste da sci esistenti, promuovendo la diversificazione e la dismissione delle zone a bassa vocazionalità.
Art. 3.4 – Uso e destinazione delle aree sciabili e bike park
“I bike park possono essere realizzati esclusivamente all’interno delle aree sciabili previste dall’articolo 35 delle norme di attuazione del PUP.”
Gli articoli relativi alla definizione delle aree sciabili evidenziano criticità nella gestione degli spazi:
- le aree sciabili, come da PUP, non coincidono con le sole piste da sci esistenti ma comprendono zone molto estese, il che consente l’inserimento di bike park anche in aree non idonee alle sole piste da sci e/o ecologicamente sensibili

Art. 3.4, un esempio particolarmente critico: l’area sciabile (peraltro entro il PNS – settore Trentino) include vaste zone boscate
- anche per quanto sopra appare necessario limitare la destinazione “area sciabile” esclusivamente alle piste già esistenti, così da evitare di trasformare intere aree in ambienti monofunzionali e degradanti per la biodiversità
- è in ogni caso necessario riservare alle sole aree modificate esistenti interventi che mirino a diversificare l’utilizzo delle piste
- per questi ultimi risulta comunque difficile immaginare come i bike park possano ricadere all’interno della stessa normativa delle piste da sci, trattandosi di fattispecie del tutto differenti
8.5 (ma anche 20.1) – Partecipazione e conferenza di servizi
“8.5 – Alla conferenza di servizi sono convocate le strutture provinciali competenti in ordine alle determinazioni comprese nell’autorizzazione unica. Al fine di assicurare la completezza dell’istruttoria tecnico-amministrativa e di favorire la partecipazione al procedimento di rilascio dell’autorizzazione unica, possono essere inoltre invitati a partecipare altre strutture provinciali, il proponente o altri soggetti pubblici o privati interessati.”
La composizione della conferenza di servizi, che secondo il DDL coinvolge le strutture provinciali, lascia in ombra le ASUC, nonché gli ulteriori portatori di interessi territoriale.
- la partecipazione delle ASUC, nonché dei comuni (!), risulta facoltativa, limitata ad un eventuale invito, e ciò rischia di escludere un fondamentale punto di vista ambientale
- è necessario Integrare la normativa rendendo obbligatoria la presenza di rappresentanti delle ASUC e in generale i portatori di diritti reali sulle aree, per garantire una valutazione completa degli impatti, affinché le decisioni tengano conto della specificità dei territori e delle loro vulnerabilità.
9.3 – Avvio dei lavori prima del rilascio dell’autorizzazione
“In caso di comprovata necessità, su istanza del titolare dell’autorizzazione unica che ha la disponibilità dei terreni, la struttura provinciale competente in materia di impianti a fune può consentire l’inizio dei lavori prima del rilascio dell’autorizzazione prevista dal comma 1.”
Il comma 3 dell’Art. 9 prevede che, “in caso di comprovata necessità”, i lavori possano iniziare prima del rilascio dell’autorizzazione unica.
- tale “comprovata necessità” non è adeguatamente definita e rischia di essere interpretata in maniera troppo flessibile, con il pericolo di avviare interventi in assenza di un’analisi ambientale completa
- è necessario specificare in maniera puntuale quali opere rientrano in questa eccezione – ad esempio, limitandosi a interventi di difesa da valanghe o frane – e obbligare una verifica tecnica e ambientale preliminare dettagliata.
Art.30, d – Compatibilità ambientale delle nuove piste da sci
La costruzione di nuove piste da sci rappresenta un intervento critico. È indispensabile che ogni nuovo progetto preveda valutazioni ambientali rigorose e soluzioni compensative adeguate, in linea con la necessità di un’effettiva tutela del territorio, considerando l’unanimità dei dati scientifici disponibili riguardo il futuro del turismo invernale.
- la realizzazione di nuove piste da sci è in contrasto con le logiche di tutela ambientale espresse in documenti come lo SPROSS, e tra la documentazione da presentare non viene richiesto uno Studio di Impatto Ambientale dettagliato
- necessario aggiungere alla documentazione da presentare uno Studio di Impatto Ambientale obbligatorio per ogni nuovo intervento, che includa misure compensative specifiche tra le quali una analisi delle emissioni climalteranti in fase di cantiere ed esercizio.
Opportunità mancata: considerazione degli impatti
La visione delle aree sciabili è escludente di una componente che in molti casi definisce la cultura alpina: il suo ecosistema.
- il DDL non indirizza in alcun modo le esigenze di mitigazione degli impatti delle strutture esistenti né di quelle futuribili. Impatti come le collisioni dei cavi con gli individui di galliformi alpini (come il gallo forcello e la pernice bianca) possono incidere sulle loro popolazioni in maniera paragonabile a quanto fa la caccia [3]
- necessario integrare il testo normativo con la definizione di misure compensative finalizzate alla mitigazione degli impatti, prevedendo ad esempio:
* progetti di ripristino e valorizzazione del manto vegetale con semine di materiale floreale autoctono, in modo da destagionalizzare almeno la banalizzazione ambientale delle piste da sci (relazione con il Piano di Sviluppo Rurale)

Da sfregi al paesaggio, a macchie di colore e vita: cosa potrebbero diventare le piste da sci esistenti, con una programmazione ecologico-paaesaggistica oculata? [4]
* Iniziative di monitoraggio e gestione della fauna, con riferimento a specie emblematiche (come il gallo forcello, la pernice bianca, la lepre variabile), per garantire la conservazione delle popolazioni locali.
Opportunità mancata: istituzione di aree di tranquillità [5]
Lo scialpinismo rappresenta una modalità di fruizione del territorio alpino a basso impatto, capace di valorizzare la bellezza naturale e la biodiversità delle nostre montagne. Tuttavia, il DDL n. 53/XVII, concentrandosi esclusivamente sulla regolamentazione degli impianti a fune e delle piste da sci, trascura un’importante opportunità: quella di definire e tutelare spazi specifici, “aree di tranquillità”, pensati per favorire la pratica dello scialpinismo senza compromettere la sopravvivenza della fauna alpina in particolare durante il periodo critico dell’inverno. Il crescente interesse turistico per lo spazio alpino comporta il rischio che la qualità paesaggistica e ambientale venga banalizzata. Le infrastrutture incentrate sullo sci tradizionale portano a una trasformazione massiva del territorio, con conseguenze negative per la fauna e la flora locali: al contrario, lo scialpinismo, che si basa su un approccio responsabile e a basso impatto ambientale, potrebbe costituire un modello virtuoso di utilizzo del territorio, se opportunamente regolamentato.
L’istituzione di aree di tranquillità consentirebbe di preservare spazi naturali di particolare pregio, garantendo la conservazione delle specie emblematiche delle Alpi, come il gallo forcello e altre specie di uccelli alpini. Inoltre, tali aree favorirebbero una coesistenza equilibrata tra l’attività turistica e la tutela ambientale, promuovendo un modello di sviluppo che non si limiti alla mera espansione delle infrastrutture, ma che valorizzi la qualità del territorio. Infine, definire zone riservate alla fauna (anche solo in certi periodi dell’anno) permetterebbe di educare i praticanti dello scialpinismo al rispetto degli ecosistemi, incentivando comportamenti virtuosi e la partecipazione attiva alla gestione e al monitoraggio ambientale. In questo modo, le aree di tranquillità non solo diventerebbero un elemento distintivo per una forma di turismo sostenibile, ma contribuirebbero anche a rafforzare la resilienza sociale e ambientale del sistema alpino.

Le aree di tranquillità per la fauna selvatica sono la norma ad es. in Svizzera, o nelle aree protette dell’Ossola
Conclusioni
Il DDL n.53/XVII presenta numerose criticità – dalla definizione delle aree sciabili alla gestione procedurale, fino alla mancanza di un adeguato sistema di monitoraggio e mitigazione degli impatti. È fondamentale integrare la normativa con controlli ambientali stringenti e prevedere la partecipazione obbligatoria delle associazioni e degli enti territoriali, affinché lo sviluppo degli impianti e delle piste da sci non comprometta la qualità ambientale e paesaggistica dell’area alpina.
Italia Nostra – sezione trentina
Legambiente – circolo di Trento
Mountain Wilderness Italia
WWF Trentino – Alto Adige
Materiale citato
(1) ~ Progetto Beyond Snow, “Vulnerability Map of Alpine STDs”, 2023. https://www.alpine-space.eu/project/beyondsnow/
(2) ~
https://agenda2030.provincia.tn.it/Media/Persone/Mauro-Gilmozzi/SproSS-def_15.10.2021
(3) ~
https://www.vanoise-parcnational.fr/fr/des-actions/gerer-et-proteger-les-patrimoines/la-faune/ le-poia-birdski
(4) ~ https://www.localfloraseed.com/it/
(5) ~ https://www.zone-di-tranquillita.ch /
https://www.areeprotetteossola.it/it/ente-parchi/ufficio-stampa/archivio-news-e-comunicati-st ampa/2252-aree-di-tranquillita-a-maggior-tutela-tra-monte-cazzola-e-vallone-di-misanco

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